Lettori fissi

martedì 22 maggio 2012

PER NOI CHE I SALDI DI FINE...RAGIONE 1


parte I

Hai aspettato per mesi.
  
Passato week end a confrontare prezzi, taglie e modelli.

Schematizzato nella mente ogni possibile combinazione
 di colori, accessori e tessuti.

Persino redatto una mappa del centro commerciale, 
con orari di apertura e serrata per ottimizzare i percorsi al nanosecondo.

E finalmente eccolo,
cerchiato rosso sangue sul calendario,
il giorno dei saldi di fine stagione.

Non puoi definirti una fashion victim, 
ma sei convinta che per dare una svolta alla tua vita
 devi svoltare prima il guardaroba, 
e considerando l’ordine restrittivo emesso a favore del tuo bancomat,
 brami la settimana dei saldi come Cher il suo chirurgo plastico.

Sveglia alle 5,
 doccia e colazione ipercalorica stile cordata al Monte Bianco
e ti lanci nella vestizione da shop guerriglia:

stivale gommato modello parastinchi da lotta armata,  
pantalone stretch da scatto felino tra gli scaffali,
 capello corazzato in coda di cavallo a triplo gel,
borsone a tracolla taglia viaggio intercontinentale,
marsupio-cartucciera di barrette energetiche alla vita,

Inforchi l’occhialone scuro formato parabrezza, 
e pintuta come un rinoceronte in carica
 miri dritta al centro commerciale … 





venerdì 20 aprile 2012

PER NOI CHE I FIGLI 2


La conta

Non c’è lifting che tenga, 
se appartieni al sesso femminile, 
e se anagraficamente hai superato i trent’anni (anche da 10 minuti) 
diventerai bersaglio della fatidica domanda accompagnata da sorrisetto beffardo “allora quando ti decidi per un figlio? guarda che più vai avanti…”

Ok. 
Respira.
 Ok.
 Respira ancora.

 Sgombera la mente, e rispondi sorridendo sempre e comunque 
“siiii, è ovvio, ne vorrei almeno 4! Sono in trepidante attesa del momento/casa/marito giusto!” 
e sarai salva fino alla prossima volta.

Mai iniziare la solita solfa dell’io qui, io là, io ho altre missioni nella vita, 
e bla bla bla,
 con una profusione di giustificazioni in stile suffraggetta agguerrita.

Non riuscirai ad evitare sguardi compassionevoli di disapprovazione.

Triste? Banale? Stereotipato?

No, solo il destino ineluttabile delle portatrici di utero sfitto sulla trentina, 
ma io suggerirei come deterrente a tanta attenzione 
sulla nostra attività uterina, 
l’esibizione della conta di cellule uovo da sventolare come una schedina vincente al SuperEnalotto!

“ho ancora altri dieci anni assicurati di tirate all’alba e bevute con gli amici, prima dell’obbligo di figliata per uova in scadenza! 
cameriere champagne!”

Garantito che la coetanea col pargolo moccioloso in braccio
 vi fulminerà con lo sguardo, 
verde d’invidia.

E son soddisfazioni.

venerdì 13 aprile 2012

PER NOI CHE LA CUCINA 2


La reginetta dei fornelli

Incredibile ma vero,
 anche dopo millenni di evoluzione, l’essere umano ha conservato gli stessi bisogni basilari, tra cui il riempire quel vuoto viscerale che circa tre volte al giorno procura un certo disappunto.

 Ma il tragicomico non sta tanto nel fatto che per soddisfare questo bisogno, 
 ci sia da affrontare il solito turbinìo di sbattimenti 
(conteiner di elettrodomestici a parte)
ma che oggi noi,
 (sempre noi, che credevate!)
cotanto sfaccendìo si debba compierlo in reggicalze e tacco a spillo, 
in soave beatitudine, 
con in mano l’iPhone per controllare l’ultimo comunicato aziendale, 
tenendo d’occhio il pargolo nel seggiolone e la cottura a puntino del brasato.

E che ci vuole? 
Solo una vagonata di anfetamine.

Quando imperava il concetto della donna-mamma-casalinga ciò che ci si aspettava da una pulzella in età da marito era una discreta presenza 
(a dire il vero non indispensabile) 
e altrettanta capacità gestionale del pacchetto casa all inclusive. 

Oggi, quando si dice la fortuna, 
ci hanno affibbiato una tale moltitudine di ruoli che stare al passo è diventato faticoso come una scalata dell’Everest senza ossigeno.

Particolarmente impegnativo trovo il ruolo della reginetta dei fornelli.

E che ci vuole? 
Da anni gli scaffali del super traboccano di antipasti, primi, secondi e dessert scarta e strozza in 30 secondi netti. 

Benissimo, 
solo che tra OGM, stabilizzanti e coloranti
 rischiamo di svegliarci una mattina con la faccia verde pisello 
e le orecchie a trombetta di Shrek.

Allora che fare? 
Ci facciamo prendere dall’ansia del polifosfato occulto ed entriamo nel vortice del “fatto in casa”.

Basta poco che ce vò! 
il segreto sta nel preparare piatti semplici! 
Appunto. 

Per una "semplice" minestra di verdure vuoi che fagioli, carote, patate e zucchine non si lavino e sbuccino da soli per lanciarsi spontaneamente in una cofana di brodo fumante?

Per un "semplice" secondo vuoi che un pollastro allevato a terra senza siringhe di antibiotici, si spenni e cosparga ben bene di olio e spezie per immolarsi a sacrificio su un letto di patate biologiche? 

Per un dolce "semplice" come la crostata vuoi che le uova fresche di campagna non si impastino da sole in una frolla fragrante per stendersi sotto uno strato di succulenta marmellata di stagione, ovviamente fatta in casa?

Alla luce delle 4 ore abbontanti, e del mezzo stipendio necessari a produrre un menù così “semplice e naturale”, consiglio di riempire lo stomaco in autunno e cadere in letargo fino a primavera, come l’orso marsicano. 

Sarebbe la liberazione più grande dopo l’invenzione della pillola.

martedì 10 aprile 2012

PER NOI CHE I FIGLI


Uova in scadenza

Ebbene si,
 sembrava un puntino lontano lontano all’orizzonte, 
ma ci siamo arrivate. 
Al famoso bivio, dove bisogna decidersi, causa uova in scadenza, 
se imboccare la strada battuta dalle ruote del passeggino
 o dai nostri tacchi a spillo.

Pare che superati i trent’anni
 l’orologino interno cominci a ticchettare più forte, ma io, 
che di primavere ne ho superate 35, 
guardo il famoso bivio ancora col binocolo.

Paura? Pigrizia? L’orologino rotto?

Probabilmente tutte le cose assieme, 
ma credo di manifestare quel senso di inadeguatezza comune alla maggioranza delle "trentennanti" d’oggi.

Si ragazze mie, perché ai tempi della nonna era tutto più semplice.
 I figli si facevano senza ombra di dubbio. 
Punto.

Ai tempi della mamma i figli si facevano con qualche dubbio. 
Appunto.

Oggi i figli si fanno nel più totale bubbio. 
Disappunto.

Diciamocela tutta care mie,
 nonostante secoli di occultamento delle prove, ormai ne abbiamo 
raccolte in abbondanza per confutare che i figli costano,
 i figli ti annullano,
 i figli non ti fanno lavorare,
 ma se non lavori i figli non li puoi mica fare.
 I figli sono piezz e core
i figli sono il nostro futuro, 
i figli te lo stroncano il futuro, 
e chi più ne ha più ne metta.

Il problema è che in questi tempi incerti, per la trentenne media 
(di media bellezza e di medio reddito)
 la faccenda della maternità si è fatta più contorta di una piantagione di mangrovie!

Se da una parte ci buttiamo anima e corpo nel lavoro che ci realizza, 
ci modella e ci sbarella, 
dall’altra il quadretto della famiglia mulino bianco ce lo portiamo attaccato al cuore col super attak dai tempi dell’asilo. 

Cosicchè, appena incrociamo l’amica di scuola che ha già imboccato il viale del passeggino, ci facciamo prendere da quel senso di vuoto, 
misto a curiosità e tenerezza,
 tanto da fiondarci a stritolare il pargolo con presa da pitone.

Figliare o non figliare, questo è il problema. 

La soluzione a cotanto dubbio amletico?

Magari esistesse, 
ma se restiamo in ascolto c’è un messaggio per noi, 
come suggerisce la Laura. 
Ma occhio, non sul cellulare. 

Quando non sentiremo più ridondare nelle orecchie il ticchettio dell’orologio biologico, quando gli sguardi interrogativi delle zie attempate non ci turberanno più, quando ci sentiremo in pace con le forze cosmiche, 
forse quello sarà il momento di amare e crescere una persona migliore di noi, in un mondo sempre più caotico, ma ancora capace di sorprendere nelle sue meravigliose contraddizioni.

E tutto questo non solo per utilizzare un uovo in scadenza, 
ma perché tra pil che scendono, 
governi che cambiano e uomini che tentennano, 
noi ci crediamo ancora.

giovedì 5 aprile 2012

PER NOI CHE UN UOMO 4


Coppia scoppiata coppia fortunata

GIORNATA DI COPPIA

Sveglia alle 6. 
Le previsioni danno mattino soleggiato,
 meglio fare il bucato della palestra, 
che senza la sua maglietta blu la partita di calcetto non si vince.

Caffè con lo schizzo di latte dal cartone abbandonato fuori dal frigo.

Doccia gelata perché "qualcuno" ha sperimentato per mezz’ora il suo nuovo rasoio waterproof.

Trucco e parrucco dribblando calzini al profumo di rosa,
 boxer e asciugamani sparsi ovunque.

Col grugno multicolor dai nervi e dalla bile di corsa nel traffico, 
dove riusciamo a guadagnare in 5 minuti la multa per tre diverse infrazioni del codice stradale.

Proseguiamo il tragitto snocciolando un elegante campionario di perle sulle lungimiranti capacità neuronali del genere umano in divisa.

Arriviamo stralunate a lavoro, 
giusto per lanciarci nella convulsa presentazione del progetto
 al solito cliente rompiballe, 
che tanto per gradire, cambia idea l'ennesima volta. 

È già ora di pranzo: 
cosa impiega meno tempo a cuocere ma è di suo gusto, leggero ma saporito, tradizionale ma innovativo e soprattutto, 
che somigli a qualcosa che gli preparava mammà?

Di corsa ad apparecchiare, soffriggere, mantecare e impiattare.

Forchetta in bocca e carico di lavastoviglie mentre la suocera ci sfinisce col solito pistolotto del “Non chiami mai! Che gli hai cucinato? Lui ha mangiato? E un nipote quando vi decidete?”

Di corsa nel traffico per tornare a lavoro.

È già ora di cena:
 cosa sarà in grado di scongelare senza mandare a fuoco la cucina?

Ore piccole sul nuovo progetto del capo
 il cui motto è “chi mi delude si esclude”,
 pensando con ansia crescente al timer del forno, 
al numero dell’ortopedico per prenotargli quella visita, 
e alla chiusura della tintoria per ritirare il suo completo grigio.

Rientro a casa con fetore di teglia carbonizzata.

Corsa in rosticceria in chiusura per recuperare qualcosa di commestibile.  

Strucco e sparrucco cercando tonico e crema tra 5 dopobarba, 4 tipi di rasoi e 6 tubi di gel per capelli. 

Doccia con il residuo di bagnoschiuma ai fiori di loto e miele da 20 euro che lui ha scambiato per l’ammorbidente della lavatrice.

Stiro maniacale delle sue camice e arranzo veloce delle nostre, 
spolvero e rassetto, mentre controlliamo la posta e scongeliamo il merluzzo per la prossima cena.

Lavastoviglie, e acqua alle piante. 

Rantolo di buonanotte dal sirenetto spalmato sul divano 
come un calamaro spiaggiato. 

Maschera alle alghe e crema anticellulite
 mentre sfinite puntiamo la sveglia alle 6, 
anzi mezz’ora prima, che dobbiamo recuperare col capo l’ultima toppata in ufficio.



GIORNATA DA SINGLE

Sveglia alle 7.30. 

Stretching del buon risveglio muscolare. 

Colazione con cereali integrali, latte scremato, germogli di soia, frutta di stagione biologica, fermenti lattici, miele e vitamina B, C, D ed E.

Doccia energizzante a temperatura costante, trucco e parrucco accoccolate davanti una consolle che neppure Aldo Coppola.

Di corsa nel traffico dove dribbliamo una multa sfoderando al vigile di turno un frasario di adulazione degno dell’oscar. 

Presentazione del progetto al solito cliente rompiballe, 
che ringalluzzito dal nostro monologo persuasivo approva tutte le nostre idee.

È già ora di pranzo:
 cosa contiene più vitamine, ferro, calcio e selenio e ci fa bene alla pelle, capelli, unghie, e cellulite con poche calorie?

Terapeutica telefonata all’amica del cuore, 
con rincorsa di battute e risate a crepapelle.

È già ora di cena:
 dove mi porterà il bel tipo che si è trasferito da poco al quarto piano?

Ore piccole col bel tipo.

Rientro a casa con l’aroma di candele al pachouli, e coccole di fuffy.

SMS zuccheroso della buonanotte dal bel tipo.

Strucco e sparrucco, coronato da bagno rilassante con maschera alle alghe, mentre soddisfatte puntiamo la sveglia alle 7 e 30, 
anzi mezz’ora dopo,
 visto che il capo ha mollato la presa dopo l’ ultimo successo in ufficio.

Che dite, ho lavorato troppo di fantasia?

martedì 3 aprile 2012

PER NOI CHE LE ALTRE 2


Lo sgambetto

Sarà capitato anche a voi.
Struscio per le vie del centro: il tacco chilometrico del nuovo stivale 
griffato si arpiona alla grata di un tombino. 


Paonazze in preda alla disperazione noi,
 compiaciute e raggianti le amiche che ci accompagnano
 “hai voluto fare la vamp e adesso svampa di vergogna!”.

Cena coi colleghi di lavoro: i boy esibiscono la gnocca di turno come uno stendardo “anvedi cò chi stò”, mentre loro, 
avvinghiate al malcapitato con stretta da pitone, puntano ogni presenza femminile come cecchini in agguato.

Tutto il giorno a paventare solidarietà femminile in crociata rosa
 e poi siamo le prime a fare lo sgambetto a chi viaggia una spanna avanti.

Che sia bella o cozza, che sia capace o imbranata,
 ci ingegneremo come solo noi sappiamo fare per qualche sgambetto
 che accorci la distanza tra noi e la prima donna di turno.

Fiutiamo i suoi punti deboli come un segugio affamato la sua preda ferita. 


Sorridiamo, ci fingiamo disponibili alla collaborazione, ci scambiamo trucchi e vestiti ma, sull’orlo del precipizio siamo le prime a dare la spinta fatale.


Una pentola a pressione vive con meno tensione,
 tiriamo il fiato amiche mie!


È pur vero che veniamo cresciute con la filosofia del sopravvivere nella giungla, ingozzate come anatre da patè a orgoglio e spirito competitivo, 
ma alla lunga questa adrenalina ci si ritorce contro.


Ormai è un dato di fatto mie care, oltre che un gran dispendio di energie,
 la rughetta sulla fronte si accentua, la gastrite gorgoglia 
e la chioma si assottiglia.


In tempi dove un giro di botox vale quanto l’anticipo 
del bilocale in centro, 
direi che è più lungimirante sotterrare l’ascia di guerra e sorridere beatamente, aspettando tempi migliori.


Il fegato e il portafogli ringrazieranno.

venerdì 30 marzo 2012

PER NOI CHE LE ALTRE


Spalmate o incrostate?

Sarà capitato a tutte di sentirsi come un cavolo a merenda 
anziché un bacio di dama su un bel vassoio d’argento. 

Capita, 
normale amministrazione di una vita che scorre e ci rincorre.

Ok, 
ma allora come mai c’è sempre la manza del gruppo di amiche,
 delle colleghe di lavoro, del circolo di boccette,
 che in qualsiasi giorno, ora, situazione 
(si, anche sul water a spingere con la vena gonfia sulla tempia)
 è sempre al massimo fulgore?

Quella che indossa costantemente il modello su misura, 
quella che ha sempre l’accessorio adatto, 
quella che anche col mare forza nove mantiene il boccolo in piega, 
quella che anche salvata in piena notte da un incendio te la ritrovi sulla gazzetta locale in posa da calendario.

Quella che insomma la guardi e non cambieresti nulla,
 perché è come dovrebbe essere lì e in quel momento, 
quella che cavalca l’onda mentre tu annaspi coi braccioli di paperino per restare a galla. 

Quella che se ne sta perfettamente spalmata sulla vita,
come la nutella cremosa e lucida sul pane, 
mentre tu al massimo sei come la crosta ai bordi del vasetto 
quando è vuoto.

Eppure care le mie compagne di sventura,
l’impegno ce lo mettiamo, 
sfogliamo avide di notizie glamour ogni numero di vogue, 
risparmiamo mesi per accaparrarci l’ultimo modello di borsa trendy, 
portiamo a sfinimento le commesse per trovare l’abito che svelerà al mondo la top model che è in noi, 
ma è inutile, alla fine di sovrumani sbattimenti c’è sempre quel qualcosa che allarga la voragine tra noi e il modello che rincorriamo.

Ma dove toppiamo? 
Poco buon gusto? 
Pochi denari? 
O troppa sfiga e basta?
Altro che il terzo mistero di Fatima.

Se mentre ci arrovelliamo sull’arcano, la manza di turno ci accusa di farle ombra col nostro involucro poco fashion, sorridiamole beatamente.

Perché?

Perché mentre lei suda l’anima in palestra con una carota tra i denti, 
noi ci godiamo una mega pizza con gli amici. 

Mentre lei si affanna anche la domenica tra ceretta, 
tinta e lampada, 
noi ci godiamo un pomeriggio di ozio sul divano. 

Mentre lei si arrovella nel dubbio del muscolo tonico,dell’abbronzatura omogenea, e della ricrescita sotto le ascelle,
noi abbandoniamo beatamente ogni imperfezione alle coccole del nostro boy.

E poi chi sarebbe la sfigata?

mercoledì 28 marzo 2012

PER NOI CHE UN UOMO 3


Cuore di mammà

E’ primavera! Svegliatevi bambine!

E se durante il risveglio vi è parso di intravedere la sagoma
 del vostro aitante corteggiatore,
 trasformarsi in una creatura mocciolosa stretta alle sottane di mammà, 
tranquille,
 non è l'effetto del triplo aperitivo alcolico della sera prima, 
ma solo uno dei tanti cicli numerici che allegramente ci sbarellano la vita! 

Si care compagne di sventura, 
alla fine è sempre una pura e semplice questione di numeri. 

Pensiamo alla dilatazione dell’arco adolescenza/giovinezza che si è verificato per le ultime generazioni, senza contare l’allungamento della vita media che tra non molto toccherà le 3 cifre per standard.

E la fregatura? 
c’è, c’è, che credevate.

Ricordo da bambinetta che i genitori tipo viaggiavano sulle 25,30 primavere, 
oggi osservo quarantacinquenni sale e pepe alle prese coi primi biberon. 

Meglio direte voi, 
si arriva più consapevoli al ruolo di genitore! 

Lucente perla di saggezza. 
Peccato sia lampante l’incursione di qualche dubbio nel ridente quadretto.

Se fino a pochi anni fa, il nostro papabile sirenetto,
 rapito dalla tempesta ormonale che scatenavamo a colpi di reggicalze e tiramisù, si prodigava per il transito dalle braccia di mammà a quelle nostre, 
ora il trottolino amoroso è sempre rapito,
 ma dalla tempesta dei tassi d’interesse.
 E di staccarsi dal caldo, economico e rassicurante nido d’infanzia
 neanche a parlarne. 

Tanto più che dopo 10 anni di sovvenzioni all’università, 
più altri 5 di sostegno per il praticantato, specializzazione e master, 
comprese prima auto, seconda auto e scooter, 
quale cuore ingrato, quale animo turpe potrebbe ripagare con l’abbandono 
l'ormai centenaria coppia genitrice?

Eh si amiche mie, 
come vedete anche qui tornano i numeri,
 se fino alla generazione scorsa abbandonava la sottana amorevole di mammà quando questa aveva ancora l’età per ricordare l’ora della pastiglia, oggi l’esempio più eclatante di machus italicus rimane attaccato alle sue origini fino a quando è lui ad aver bisogno del salvavita appeso al collo.

Ora, visto che la pancetta cresce e la vista cala, 
mentre il virgulto dorme beato nel lettuccio di compensato azzurro sotto il poster di jeeg robot d’acciao,
 è palese che saranno, anche loro malgrado, i benemeriti procreatori a tenere d’occhio l’evoluzione senile del nostro promesso, non noi.

Rassegnamoci, 
non ci resta più nemmeno il ruolo di badante, 
perché nella corsa estrema alla conquista di uno scampolo di mascolinità
 che ci riempia la vita,
 disoccupazione, carovita e lasagne di mammà 
saranno sempre un passo avanti.

Ma se ancora ci illudiamo di poterla spuntare sulle avversità che ci separano dall’agognato obiettivo, 
assicuriamoci di possedere almeno le attrattive di base.

Grazia, dolcezza e leggiadrìa?

Macchè,
 vitto, alloggio e paghetta settimanale!

martedì 27 marzo 2012

PER NOI CHE UN UOMO 2


Impossibile ma…falso!

Eccolo. Bello come il sole. Una visione. 
Proprio quando avevamo gettato la spugna anche sull’ultima possibilità di incontrare un esemplare di sesso opposto ancora non sposato, neurologicamente stabile e meno repellente di un troll, 
la creatura si è manifestata a noi in tutto il suo splendore.

E boom. Perse all’istante. 
Stordite dalla coincidenza di tanta prestanza fisica con altrettanta dote neuronale.

Ringalluzzite dall’inaspettato miracolo diamo fondo a tutte le nostre energie per apparire fascinose e suadenti, sfoderiamo occhi da gatta al triplo mascara e cominciamo a squittire come criceti in amore per orientare il suo gnocca-radar verso di noi.

Dopo lo stipendio dall’estetista e qualche stiloso aperitivo siamo pronte per passare al livello confidential, se non fosse che qualche atteggiamento inizia ad appannare l’aura della nostra divinità.

Ma va là! 
Le nostre solite paranoie da irriducibili precisine,
 e dopo un nanosecondo di lucidità neuronale ripiombiamo nel limbo ovattato in cui galleggiamo da giorni.

Ma pensa, 
quel buzzurro con cui avevamo meditato di metter su casa non si è degnato neanche di sbarbarsi per il matrimonio della sorella, 
mentre LUI si ceretta per sentirsi in ordine quando va in palestra!

Ci riecheggiano ancora nelle orecchie i pistolotti del tanghero per la partita persa quando lo trascinavamo a fare compere, e adesso la visione che abbiamo conosciuto non solo si offre di accompagnarci, ma è riuscita a scovare lo stivaletto trendy che cercavamo da mesi!

E miracolo! 
non solo si accorge che abbiamo spuntato i capelli di 2 centimetri, ma ci accompagna dal suo parrucchiere per l’ analisi gratuita del capello, 
che perbacco “non puoi mica opacizzare senza applicare il trattamento più adatto alla tua matrice tricologica!”

Come come?
Ceretta totale di spontanea volontà? 
Corsa ai saldi senza fucile puntato alla tempia?
 Matrice tricologica del capello?

Ok, ora nel limbo ovattato una sonora strombazzata ci è giunta all’ orecchio. 
Tanto fascino, tanta bellezza e cortesia non erano dirette a noi pulzelle desiderose di salire i gradini dell’altare, ma al figlio del nostro portiere, 
che i gradini li lucida col folletto!

Ingenue che siamo. E ci stupiamo pure?
Vogliamo mettere l’appagamento di una relazione tra due fisici palestrati liberi dall’assillo della cellulite ballonzolante e della tetta cadente,
finalmente scarcerati dalle altalene ormonali che ci sbarellano ogni due per tre, dai nostri conflitti ansiogeni di carriera o no? figlio o no? lifting o no?

Da millenni ci propinano la storia degli opposti si attraggono,
 il + e il – che si compensano e bla bla bla,
 ma quanto si compensano di più due vite regolate dallo stesso tipo di ormone e dallo stesso gel per capelli?

L’ affinità elettiva tra chi ha gli stessi tempi, usi e disusi di cervello, cuore e bicipite è innegabile amiche mie.

Come innegabili sono il tempo e la bile risparmiati per le estenuanti diatribe su tavolette del water, gomitoli di capelli nella doccia, tubetti di dentrifricio spremuti dall'alto...e l'infinita serie delle piccole gioie quotidiane che ci ammorbano la convivenza. 

Che pace! 
Un brivido da coming out istantaneo! 

domenica 25 marzo 2012

PER NOI CHE LA CUCINA


Copertine ruggenti

Che meraviglioso momento quando dopo ore di smanetto tra pirofile e padelle per servire un soufflè di crema al carciofo in salsa di astice,
il nostro principe azzurro si siede a tavola e con lo sguardo da triglia chiede: “ma perché questo pollo sa di broccolo?! 
Ti spiace se mangio pane e prosciutto stasera?”
E parte l’embolo.

Ma come?! ho indossato le vesti da perfetta massaia solo per amor tuo, orfano inconsolabile delle succulente pietanze di mammà, e che fai?
 ti lanci sul pane e prosciutto?
Buzzurro.


Mentre la rabbia si affievolisce con l’aiuto di un misto creme alla panna, suggerisco di non ammorbarci l’esistenza con sbattimenti sovrumani.


Semplice amiche mie,
 cresciamo sfuggendo a quella che ci sembrava la quotidianità scialba e monotona delle nostre ave.

Proiettate all'avventura, viviamo emancipandoci su ogni come e perchè
ma poi, non contente, ci facciamo prendere dal coccolone dell'incompiuto
 che riusciamo a placare solo con operazioni degne del primo premio
 massaia dell’anno.
 E per cosa?
No, non per il desiderio di compiacere le ingrate fauci dei nostri commensali, ma solo per confermare che noi, donne pintute e cazzute,
 siamo capaci in tutto e di tutto.
In primis nell'atavica missione di provvedere alla sazietà altrui.


Che fare allora? Sciogliersi a vita dietro i fornelli o fondare il club della simmenthal? Come dipanare l’intricata matassa?


E’ qui che scattano gli specchietti ammaliatori per le allodole un po’ orbe come noi:
 l’ultimo, geniale e schicchissimo manualetto del
 “cucinare da chef in 5 minuti” 
Hai visto mai? una luce in fondo al tunnel!


E corriamo in libreria pensando di aver dato una svolta 
all’abominevole turbinio quotidiano del pranzo e della cena.
 In un solo colpo spazzati via tutti i dubbi su cosa cucinare,
 come e in quanto tempo. 
Ora saremo chef in 5 minuti 5!


Eccolo il nostro nuovo vangelo.
Rigiriamo tra le dita la copertina lucida e sfogliamo con mani tremanti le pagine patinate dove campeggiano gigantografie di brasati fumanti, 
rustici dorati a puntino, dessert soffici e invitanti. 
Cotanto piacere per gli occhi è affiancato da una mezza paginetta di istruzioni per ogni ricetta. 

Tanta sintesi già ci rincuora, e con l’animo ringalluzzito ci fiondiamo a fare incetta di quella particolare farina, di quel lievito speciale, 
di quel vino d’annata.
Peccato che al quinto super battuto per trovarli, ci baleni il dubbio che le pietanze amabilmente presentate, 
non siano poi così semplici da replicare.


Allora vuoi che quel vino fruttato alla ricetta n.5 non possiamo sostituirlo col moscato preso in offerta al 3x2? 
E quel merluzzo che abbiamo in freezer? 
farà pure la sua porca figura al posto della trota di fiume paventata a pag. 18!


Un giro di scaffali ed uno tra i buoni spesa che ci infagottano il borsellino,
e tutto il nostro entusiasmo per l’agognata emancipazione culinaria si sgonfia più velocemente di un soufflé a forno aperto!


L’illusione è stata breve,
giusto il tempo di sgualcire un po’ le pagine dell’ultimo impaginato di leccornie. 


Cambiano gli spessori, cambiano gli editori e cambiano le divette in copertina, a non cambiare mai è solo la nostra speranza
 di evadere dai soliti sbattimenti quotidiani.


Sperimentare è sempre divertente, 
nella fantasia.
Peccato che nel turbinio delle nostre giornate vere, fatte di corse ad ostacoli 
e ritagli di tempo e stipendio,
 l' energia da dedicare alle libagioni sia sempre quella:
l’ultima offertona del super sotto casa, cotta ai fumi del nostro ego evaporato e condita con un filo d’olio.
Del nostro gomito.
E buon appetito a tutti!

sabato 24 marzo 2012

PER NOI CHE UN UOMO


Estenuescion

Incredibile ma vero.
 A trent’anni suonati tutto avevamo immaginato tranne che di passare il sabato sera spalmate sul divano in compagnia di fuffy e la maratona di sex and the city in tv.

No, niente influenza, niente ustione da lampada selvaggia, niente fritto misto rispuntato sul naso come una borchia purulenta.

E’ solo che l’idea di passare almeno tre ore armeggiando di ceretta, phon e push-up, per lanciarci in una notte di gagliarde follie
 non ci mette più addosso quel brivido di una volta.
Ma come?
 A vent’anni eravamo capaci di apparecchiarci come una ballerina
 del moulin rouge nel tempo di un pit-stop a Maranello, e adesso? 
non ci smuoveremmo neanche trainate da quattro ruote motrici.

Questione di feeling come direbbe Riccardo,
 no questione di bile.
 Dopo anni di batticuore, diete, palestra e mutui dall’estetista,
 dopo anni di incrollabile entusiasmo abbiamo mollato la presa come il bottone dei calzoni dopo il pranzo di Natale.

A vent’anni il sirenetto col quale dividevamo la bibita al cinema ci scriveva bigliettini zuccherosi da crisi iperglicemica.
 Dopo i trenta il messaggio più romantico che riceviamo è il post-it sul frigo “ricordati di pagare il bollo auto”.

A venti lui passava a prenderci sotto casa con l’auto tirata a lucido,
 e vestito di tutto punto, sbarbato e profumato aspettava paziente mentre noi terminavamo le operazioni maniacali di trucco nell’emozione dell’incontro.

Dopo i trenta siamo noi che andiamo a prenderlo al campo di calcetto, 
e lui sudaticcio dentro una tuta più vecchia delle nostre barbie, si fionda in macchina bofonchiando “sbrigati che da pino il re del crostino inizia la partita”.
E son soddisfazioni.

A vent’anni il trottolino amoroso si accorgeva del nostro completo intimo zoccolone da sotto il cappotto, 
ora pizzi e nastrini sortiscono lo stesso effetto di una muta da sub. 

Questione di feromoni svaporati o siamo entrate nel vortice della fantomatica noia che tutto ammorba? Dubbio amletico.


Ma forse la dura verità è che siamo incontentabili,
 ci parte l’embolo appena il primo furbacchione prova a distoglierci dal quadretto alla mulino bianco che ci siamo marchiate a fuoco dai tempi dell’asilo.
Uomo da sogno = vita da sogno
 e non si discute. 

Solo che dopo anni di sacrosanti sbattimenti per apparecchiarci a festa sperando nell’incontro con la divinità a noi predestinata, siamo un po’ provate.

 Ma se l’entusiasmo vacilla, l’orgoglio no,
 e piuttosto che rinunciare al bello-macho- ricco-sensibile-fedele che popola i nostri sogni e sostiene il nostro ego, preferiamo metter su cellulite e rughette in tronfia solitudine.

Ma rilassiamoci amiche mie,
non sempre abbandonarsi al calore di una stretta dal bicipite flaccido
 e dal polsino sfirmato sancisce la sconfitta.

Anzi, in tempi dove spread e inflazione ci ammorbano la vita,
 meglio puntare all’uovo oggi che alla gallina domani,
 che se la gallina arrivasse coi tempi delle pensioni, sai la fregatura!

venerdì 23 marzo 2012

PER NOI CHE LA BELLEZZA

Divagazioni da spiaggiante

Ogni anno, impietosamente arriva il week end del primo mare di stagione,
 e il costume batte dove la ciccetta duole.

Pur frenate dal conto in rosso, ma irriducibili della prima fila fronte mare, riapriamo il cassetto della chincaglieria da spiaggia nel tentativo di riciclare qualcosa.

Stirando qui, allungando di là, e rimanendo in semi apnea, siamo rientrate nel pezzetto di lycra variopinto che ci è costato la tredicesima dell’anno passato.

Arriviamo in spiaggia col colorito di una seppia al vapore,
 bardate con copricostume oscura (dis)grazie modello talebana integralista,
e dopo una rapida circospezione da dietro l’occhialone formato parabrezza, accendiamo lo "gnocca radar".

Eh si amiche mie,
perché se il confronto con le donnine photoshoppate delle riviste è deprimente, la manza palestrata in perizoma come vicina di ombrellone è istigazione al suicidio.

Evitarla è puro istinto di sopravvivenza.

Trovato lo scampoletto di sabbia in zona neutrale, svuotiamo la cofana mare di tutte le cianfrusaglie inutili che siamo riuscite a stiparci, sistemiamo il telo con riga e squadra per beccare anche il più remoto raggio di sole,
e con velocità prossima a quella dello shuttle in decollo, ci sdraiamo con posa da sfinge, che si sa, di "piatto" facciamo ancora la nostra porca figura.

Così arenate, in posizione antigravità, diamo libero sfogo alle nostre psicomenate da solleone,
iniziando a divagare sul pubblico spiaggiante.

Uno spasso.

Dopo anni di onorato struscio costiero, rimango ancora ammaliata dalla mirabolante varietà di forme, volumi e densità che può assumere la doppia appendice adiposa più chiacchierata del mondo.

Eh si pulzelle mie, parliamo di culi.

Se ne vedono di ogni forgia: scatolari, concavi, tubolari,
 il trionfo della geometria!
 Se poi vogliamo darci un tono filosofeggiante,
 è sorprendente come la conformazione del lato "B" sembri rispecchiare il carattere della proprietaria.

Ci avete mai fatto caso?

Culetti svettanti e sempre all’erta sono lo stendardo della starlettina
 dè noartri alla ricerca di una o più mani che, oltre a tastarlo,
 siano disposte a spingerlo verso nuovi orizzonti.

Poi troviamo le appendici piatte, quasi concave, appannaggio della minimalista-ambientalista-salutista che rifugge il superfluo, 
 quella che ha l’anima più verde di un gorgonzola dimenticato nel frigo dall’anno scorso, quella che riciclerebbe anche il moccio del pargolo svezzato a tofu e germogli di soia.

E che dire delle estremità a monoblocco, parte unica col tronco,
 stendardo della matrona tutta d’un pezzo, quella che appena nata ha guardato di traverso pure l’ostetrica,
 quella che col cane e marito al guinzaglio tiene in riga il condominio.

E poi ci sono quelli che preferisco,
 gli incontenibili, gli strabordanti, i rivoluzionari,
quei sederi che si riappropriano del loro spazio
nonostante il tentato contenimento.

Per quei didietro che osano abbondare in barba alla crisi,
 che sanno andare oltre la recessione, la pancera e gli schemi,
 una ola con vuvuzela!